Si placano sulla costa Jonica le acque dei fiumi lucani, il Sinni, l’Agri, il Cavone, il Basento e il Bradano che inseminano le terre della pianura alluvionale di Metaponto finendo il loro corso a mare e portando nel loro flusso sabbie, pietre e argille erose alla montagna. Gli alberi che si ergono nell’area proteggono e custodiscono il confine tra terra e mare. I coloni greci che si insediarono qui a partire dal VIII secolo a.C impressero al paesaggio agrario un disegno preciso nella geometria dei campi, come testimoniato dalle tavole di Heraclea, simile a quello di 2000 anni dopo. Sulle rive dello Jonio, da Metaponto a Nova Siri, lo splendore della cività Magno Greca si dispiegò in tutto il suo fulgore. Tra le zone più prospere del Mediterraneo, Metaponto, già notevole emporio commerciale per l’esportazione del grano, è nota per i reperti archeologici, tra cui le Tavole Palatine, tempio extraurbano dedicato ad Hera del VI secolo a.C in stile dorico. I resti dell’antica civiltà sono custoditi nel Parco Archeologico e nel Museo Nazionale di Archeologia a Metaponto. Testimoni del grande passato di questo territorio ricco di acqua sono l’Antiquarium , il teatro, il castro romano, l’agorà cittadina, la necropoli, i templi di Apollo Licio, Demetra, Afrodite.
La presenza dei fiumi, le condizioni climatiche, il razionale uso del territorio, insieme alla struttura socio-economica poggiata sulla piccola e media proprietà fondiaria, furono gli elementi di grande sviluppo agricolo delle città stato della Magna Grecia. Poi la conquista romana e la cancellazione politica delle città, alleate di Annibale, determinarono l’abbandono del territorio e l’espandersi del latifondo in concomitanza con la deviazione degli alvei fluviali e l’estesa inondazione della pianura che contribuirono a cambiare l’ambiente. Mutò così il clima, il manto della vegetazione, si diffuse il fenomeno malarico che rese la pianura metapontina inabitabile fino all’ambiziosa e desiderosa rinascita conseguita con la bonifica idraulica e la trasformazione fondiaria delle Maremme Joniche nella metà del 900. Oggi qui le coltivazioni in pieno campo e in serra annoverano produzioni di grande qualità. Oltre ai vigneti, il territorio abbonda di agrumi, pesche, kiwi, ortaggi. Se Tursi è il regno dell’arancia staccia, con il suo sapore unico e la sua forma sorprendente, quello della fragola Candonga lo è invece tra le foci del fiume Cavone e Agri, a Scanzano Jonico. Intense, profumate e gustose, le fragole coltivate in Basilicata raggiungono i mercati nazionali e internazionali e si mantengono nel tempo vellutate e gustose. Buone anche le specialità gastronomiche tradizionali dell’area, tra cui il pastizz di Rotondella.
Oltre agli ottimi frutti della terra, la costa jonica preserva a Policoro un’antica foresta collocata sulla riva del mare a cui visitatori e viaggiatori stranieri hanno dedicato attenzione. “Foresta sacra popolata da una folla pacifica di animali” per lo scrittore francese Richard de Saint – Non, che ritrasse insieme ad una equipe di disegnatori anche il Castello baronale, e “bosco incantato” per il narratore inglese George Gissing, grazie ai grandi alberi e alla rigogliosità folta ed estesa. Anche con il disboscamento operato nel corso degli anni e con le operazioni di bonifica idraulica della “palude tropicale” e del “labirinto verdeggiante” il Bosco pantano di Policoro oggi Riserva Naturale Orientata, viene gestita dal WWF con lo scopo di tutelare l’area e pianificare il suo recupero ambientale. Con i suoi 1200 ettari, il Bosco Pantano è stato designato Sito di Importanza Comunitaria (SIC) e per le sue straordinarie caratteristiche di habitat naturale viene tutelato per la conservazione della biodiversità. È incluso nella Zona di protezione speciale (ZPS) per la conservazione di numerose specie di uccelli selvatici. La costa Jonica a Policoro oltre alle bellezze naturalistiche, offre anche esperienze culturali significative. Già antica Eraclea, fondata nel 433 A.C, a Policoro è possibile visitare il Museo Archeologico Nazionale della Siritide che espone importanti reperti dell’antica Magna Grecia, come corredi funerari di straordinaria importanza, contraddistinti, nella fase di VII-V sec. a.C., da armature in bronzo, gioielli in argento, oro e ambra, da vasi indigeni a decorazione geometrica, da ceramiche greche figurate e da vasi etruschi in bucchero. L’area Archeologica conserva i resti di un Tempio di Dioniso e quelli dell’antico Santuario di Demetra, composto da edifici di modeste dimensioni. A Nova Siri, anticamente detta Siris, addossata ai confini della Calabria, fiorisce il turismo balneare tra verdi orizzonti di spazi, spiagge ciottolose e panorami montuosi del vicino Monte Pollino che si erge tra i due mari.
Prodotti di qualità lungo la costa Jonica:
Vino di Basilicata IGT